La nuova Tangentopoli e un nuovo vincolo esterno sullo sfondo
Nel 1992 l'annullamento di un'intera classe dirigente portò a Maastricht e all'euro. Oggi?
 Le immagini di Arnaldo Forlani alla sbarra per il processo Enimont,
 in preda al panico e tremante di  fronte alle incalzanti domande del pm
 Di Pietro sono rimaste scolpite come simbolo dell’inchiesta giudiziaria
 di Mani Pulite nel 1992. Per la prima volta, il potere era chiamato a 
rispondere in prima persona dei propri misfatti di fronte a una gremita 
aula di giustizia, al cospetto di una folla a tratti più stupita che 
rancorosa, quasi incredula del passaggio epocale che si stava 
compiendo. 
 Mani Pulite ancora oggi divide, e l’interpretazione condivisa da molti 
storici e analisti, è la portata del cambiamento che essa rappresentò 
nel panorama politico italiano. La fine della politica per come la 
conoscevamo, il sistema multipartitico con il ruolo del Parlamento 
preminente, risultato di equilibri e contrappesi tra i partiti politici 
italiani termina definitivamente. Un’ondata giudiziaria spazzerà via un’intera classe dirigente,
 divenuta ingombrante e di intralcio sulla strada che condurrà 
all’edificazione dei pilastri della globalizzazione e del “vincolo 
esterno”, da allora in poi divenuto il vero riferimento sovrastrutturale
 di qualsiasi governo che si succederà negli anni. 
 Il Trattato di Maastricht del 1992 è la fine della democrazia costituzionale,
 lo smantellamento dello Stato imprenditore e degli equilibri 
parlamentari che avevano governato il Paese fino a quel momento.  Un 
passaggio di enorme importanza, che porterà l’Italia ad una cessione di 
sovranità inedita nell’ordinamento giuridico, le cui prerogative erano 
già limitate dall’influenza statunitense e della Nato nelle decisioni di
 politica estera; una condizione che aveva portato l’Italia ad essere 
definita un paese a sovranità limitata. In questo cambiamento, potremmo definire decisivo il ruolo della magistratura,
 che ritroveremo negli anni successivi protagonista, chiamata ad un 
percorso di purificazione, quasi una sorta di catarsi che porterà il 
popolo italiano a considerarsi irredimibile, naturalmente votato alla 
corruzione, tanto da abbracciare il vincolo esterno  e identificarlo 
nella soluzione del male. 
 La sparizione di un’intera classe dirigente, non ha guarito i mali delle corruttele e delle malversazioni politiche,
 li ha solo accentuati per renderli endemici e strutturali. Ancora oggi,
 le domande che sorgono sulle motivazioni che spinsero la magistratura 
ad agire solamente in quell’anno e con una precisione chirurgica tale da
 lasciare intonso dalle inchieste giudiziarie solamente l’ex partito 
comunista, divenuto Pds dopo la svolta della Bolognina, non trovano 
risposta. Sarà la sinistra europeista, l’Ulivo di Romano Prodi, il 
garante dell’applicazione del vincolo esterno negli anni’90;  l’Euro e 
la terza ondata di privatizzazioni, verranno realizzati dal vero partito
 liberista italiano capeggiato da Massimo D’Alema, Pierluigi Bersani e 
Romano Prodi  che si faranno vanto di aver regalato a gruppi di 
monopolisti interi settori del pubblico, rinunciando a tutti gli utili 
delle aziende pubbliche. 
 Era necessario distruggere una classe dirigente, colpevole 
certamente di gravi misfatti, per lasciare spazio alla novità della 
struttura sovranazionale europea, presentata alla pubblica 
opinione come soluzione del male, rivelatasi in realtà un frutto 
avvelenato; la seconda Repubblica è stata la Repubblica di Maastricht, 
fagocitata dai parametri restrittivi di deficit e da un modello 
economico estraneo, antisociale del liberismo. Nasce la democrazia dei “
 pianisti”, dei parlamentari che non sanno bene né il loro ruolo, né la 
loro funzione, ma pronti a votare qualsiasi cosa gli si ordini dai piani
 alti. La competenza e l’eloquio dei personaggi della prima repubblica 
sono sepolti nei ricordi di qualche nostalgico, avanzano la videocrazia del partito azienda di Silvio Berlusconi, e trionfa il modello del meno Stato,
 più mercato sposato dalla sinistra un tempo statalista. In questo 
meccanismo il potere giudiziario, agisce con precisione per rimuovere un
 blocco dirigenziale, sostituito da docili esecutori della globalizzazione, che avrebbe impedito e contrastato il salto nel vuoto.  
 Non è senza significato, che ancora oggi la stampa più vicina e
 schierata con la magistratura, difenda Mani Pulite senza analizzarne le
 dinamiche e tentare di comprendere perché la pulizia si è 
fatta solo in quell’anno, escludendo un pezzo di classe dirigente, e 
tralasciando la sequela di eventi che hanno reso possibile 
l’introduzione del vincolo esterno, tanto da invocarlo quasi come unica 
alternativa plausibile. In questo l’ineffabile Marco Travaglio, è in 
prima fila, pronto a riportare indici di corruzione percepita, 
concetto inesistente scientificamente, di Trasparency International, 
un’organizzazione internazionale guarda caso fondata da tedeschi.
 La misura o il numero delle inchieste giudiziarie non provano 
necessariamente che un paese sia più corrotto di un altro, ma solo che 
il sistema di repressione giudiziaria di un determinato paese lavori di 
più o sia più efficace di altri. 
 Gli unici paesi al mondo dove non sono presenti inchieste di corruzione
 sono le dittature, come il caso della Corea del Nord. Le cronache di 
questi giorni mostrano come l’inchiesta giudiziaria, ribattezzata dalla Procura di Roma “ Mondo di Mezzo”,
 metta a nudo un sistema mafioso che riusciva ad influenzare gli appalti
 e la gestione dei servizi pubblici del Comune di Roma. Un’inchiesta che
 probabilmente è destinata ad allargarsi per toccare altre sponde 
politiche. Personaggi già noti alle cronache giudiziarie della Banda 
della Magliana, come Massimo Carminati ed Ernesto Diotallevi, 
ricompaiono ancora una volta, lasciando riflettere sulla funzionalità di
 essi, quasi che fossero mossi come pedine manovrate da strutture ben 
più altolocate. 
 Non appare verosimile, che un tale meccanismo si sia messo in moto solamente negli ultimi anni;
 al contrario sembra di trovarsi di fronte ad un sistema collaudato che 
procedeva da decenni. L’interrogativo sorge sulla tempistica 
dell’intervento giudiziario: perché si colpisce un sistema di tali 
porzioni solamente in questo momento? L’impressione è quella di un 
intervento mirato per rimuovere dallo scenario politico  determinate 
figure, con un vuoto di potere che potrebbe essere colmato senza la 
necessaria legittimazione democratica, così come avvenne nel 1992. La 
corruzione e il senso di colpa sono ancora una volta il peso da gettare 
sulle spalle degli italiani, per fargli accettare l’ennesima rinuncia e 
sacrificio incombente ai quali forse saranno chiamati nei prossimi mesi.
 Sullo sfondo, i due partiti di opposizione (?) , Forza Italia e M5S, si stanno liquefacendo, il primo contiguo alla maggioranza di governo il secondo votato all’autodistruzione,  per lasciare campo aperto al partito che in questo momento è il fedele esecutore dell’agenda sovranazionale, il PD.
 La terza Repubblica probabilmente è già nata nel 2011, quando il Capo 
dello Stato prese in mano la direzione della vita politica italiana e si
 fece portavoce di interessi sovranazionali, realizzando quella serie di
 passaggi che portano a destrutturare definitivamente gli ultimi residui
 democratici. In quest’ottica potrebbe essere vista l’inchiesta 
giudiziaria, come il completamento di un lavoro decennale mirato ad 
edificare una società autoritaria, svuotata di ogni contenuto o parvenza
 di legittimazione democratica. Se l’ipotesi di urne anticipate 
dovesse concretizzarsi già nel 2015, sorge il dubbio se saranno presenti
 avversari e interpreti di un’alternativa vera e reale alla logica del 
liberismo mercantilista.
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