La Francia indica la via: ecco perché l’Italia può uscire dal Trattato di Maastricht
Il diritto internazionale con la Convenzione di Vienna è molto chiaro al riguardo...
Pubblicato il 2/10/2014
Nell’Europa degli interessi e dell’austerità sociale, se avrete la
sfortuna di essere italiani, ciprioti o greci conterete meno del due di
coppe e dovrete allinearvi senza discutere a tutti gli ordini e direttive che calano da Bruxelles con buona pace dell’integrazione forzata europea
che doveva valorizzare l’importanza e il peso dei singoli stati. Se
invece siete francesi o addirittura tedeschi, potrete ancora dire la
vostra e quando lo riterrete più opportuno e necessario per i vostri
interessi nazionali potrete violare i Trattati, senza avere timore di
conseguenze particolari, visto il ruolo e l’importanza che ricoprite nel
processo decisionale e non sarete disposti molto probabilmente a
suicidarvi in nome dell’austerity.
La Francia si ricorda di essere la Francia e ieri per bocca del
suo Ministro delle Finanze ha annunciato che non rispetterà il
famigerato parametro del 3% di deficit sul PIL, prescritto nel
Trattato di Maastricht, ma lo supererà di più di un punto percentuale.
Si tratta di una violazione dichiarata ed esplicita di un trattato
internazionale, e non è la prima volta che accade, basti ricordare che
la Germania violò per ben 3 volte consecutive questa prescrizione dal
2003 al 2005, anche se qui la memoria teutonica avrebbe bisogno di
essere rinfrescata perché all’epoca non predicava affatto né rigore né
austerità, per passare alle violazioni della Francia con il 7% di
deficit nel 2009, fino a quelle della Spagna nel 2010 con il 9,27%.
Dal punto di vista del diritto internazionale l’Italia
ratificando il Trattato di Maastricht ha aderito ad un accordo
multilaterale. La vita di qualsiasi trattato o accordo
internazionale in passato era legata alla volontà degli stati che lo
avevano firmato, ovvero l’esistenza e la durata degli accordi venivano
meno qualora uno degli Stati firmatari prendesse la decisione di
recedere unilateralmente o perché riteneva che l’altra parte non stesse
rispettando il contenuto dei trattati, oppure perché si era verificato
un cambiamento delle condizioni iniziali che erano irrinunciabili per la
validità del trattato.
La regola da seguire secondo Bismarck, Cancelliere tedesco del XIX
secolo forse più lungimirante dell’attuale Cancelliera Merkel, sugli
accordi era “l’osservanza dei trattati tra le grandi potenze,
in effetti, è relativa, come si nota quando tale osservanza è posta a
confronto con la lotta per la sopravvivenza. Nessuna grande potenza è
disposta a sacrificare la propria esistenza sull’altare della fedeltà ad
un trattato, se obbligata a scegliere tra le due cose.” L’Italia a
quanto pare continua ad andare contro i suoi interessi di nazione e di
grande potenza , “sacrificando la propria esistenza”
per adempiere alle condizioni un trattato che le altre parti firmatarie
non rispettano e violano ripetutamente, e segue pedissequamente le
istruzioni della Commissione Europea senza opporre resistenza,
nonostante i conti dell’Italia siano tra i più ordinati rispetto agli
altri stati e sia stato perseguito insistentemente l’avanzo primario,
con la compressione del livello della spesa pubblica.
Quali alternative ha a disposizione l’Italia dal punto di vista
giuridico per uscire da una situazione di impasse che sta gravemente
compromettendo il funzionamento della sua economia con le conseguenze
che conosciamo? La Convenzione di Vienna del 1969, a cui
l’Italia ha aderito, ha posto fine all’arbitrarietà decisionale sul
rispetto dei trattati e sulle condizioni di recesso o denuncia degli
stessi. Sull’inadempimento del trattato, l’art.60 della Convenzione
stabilisce che la violazione sostanziale da parte di uno degli stati
firmatari può dare luogo alle cause di estinzione o sospensione degli
accordi, lasciando la discrezionalità sulla scelta dell’estinzione o
della sospensione allo Stato che invoca l’inadempimento. Nel caso del
Trattato di Maastricht, ci troviamo di fronte a violazioni sostanziali
degli accordi ripetute più volte dagli Stati membri (Germania, Francia,
Irlanda, Spagna) e lo scopo e l’oggetto del Trattato sono stati traditi,
poiché il 3% di deficit sul PIL è stato pensato per contenere i livelli
di deficit degli Stati membri e quindi appare evidente che superando sistematicamente questa soglia lo scopo e l’oggetto del Trattato vengono meno.
Noi aggiungiamo che il 3% è una soglia completamente arbitraria dal
punto di vista scientifico ed economico, non potendo esistere in
economia un livello ottimale prestabilito di deficit, il quale è uno
strumento utilizzato dallo Stato per aumentare o ridurre la spesa
pubblica a seconda delle particolari contingenze economiche, ma è stato
inserito nel Trattato di Maastricht e pertanto se gli altri stati membri
decidono di violarlo unilateralmente, contraddicendo il detto Pacta Sunt Servanda,
l’Italia ha tutto il diritto di utilizzare gli strumenti della
Convenzione invocando l’inadempienza delle altri parti e lasciarsi alle
spalle un periodo di sfacelo economico e sociale che non conosceva dal
dopoguerra.
La Francia ha semplicemente fatto i suoi interessi, poiché la sua
economia è in grave sofferenza e la produzione industriale ha fatto
registrare un ennesimo calo, da qui la decisione di superare il 3% non
solo per motivi economici ma anche politici, con un Presidente Hollande
già fortemente indebolito e una maggioranza parlamentare non più solida,
questo annuncio forse vuole calmare la pressione su Hollande. Se dunque
gli strumenti esistono e sono a disposizione del Governo italiano, perché
si continuano a fare annunci di voce grossa in Europa quando basterebbe
minacciare la sospensione o l’estinzione degli accordi?
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