"O si fa un fronte comune con un programma unitario anti-euro o si fa il gioco del nemico".A. Maria Rinaldi
"La gabbia nella quale siamo prigionieri credo sarà scardinata proprio dai francesi"
L’unione monetaria è al termine, ma l’uscita non sarà determinata dalla nostra volontà. Il Professor Antonio Maria Rinaldi,
Professore straordinario di Finanza Aziendale all’Università Gabriele
D’Annunzio di Pescara e di Economia Politica alla Link Campus di Roma,
individua nella Francia il paese che porterà al crollo dell’euro.
- Professore, partiamo dalla legge di stabilità. E’ stato detto dal
Governo che la manovra economica comporterà 18 miliardi di euro di
tasse in meno e avrà un effetto espansivo sull’economia italiana. Lei
cosa ne pensa?
Innanzitutto bisogna vedere da dove viene la copertura per quei 18
miliardi di euro. Il governo non tiene conto del moltiplicatore fiscale.
La diminuzione della tasse è frutto di tagli di spesa e
il FMI ha ricordato che l’effetto del moltiplicatore fiscale non è
dello 0,5, come ha stimato il Governo, ma dello 1,7. In parole povere,
per ogni euro che viene sottratto alla spesa pubblica, nella situazione
di recessione attuale l’effetto negativo del moltiplicatore sarà maggiore di quello dichiarato dal Governo e aumenterà gli effetti deflattivi dell’economia italiana, già duramente provata.
- Bruxelles ha mandato una lettera di chiarimenti sulla legge di
stabilità, nella quale si chiede al Governo italiano una correzione del
livello di deficit. Il Governo ha risposto con una lettera d’intenti
promettendo una correzione dello 0,3%. Secondo lei sarà sufficiente come
impegno o corriamo il rischio di un commissariamento? Può verificarsi
la situazione a cui andò incontro il Governo Berlusconi nel 2011 con una
lettera di richiamo, oppure potremmo avvicinarci all’esperienza greca
con un’entrata in scena della Troika?
Siamo già commissariati da molti anni ormai, anche se possiamo andare
incontro a un livello ancora maggiore di commissariamento. Mi sarebbe
piaciuto vedere nella lettera del Governo italiano alla Commissione, una
risposta simile a quella contenuta nella lettera della Francia all’UE,
che ha mandato un segnale chiaro a Bruxelles, dichiarando che non
intende perseguire politiche di rigore che vanno contro l’interesse
della Francia. La Francia è nelle condizioni di poter fare gli interessi dei francesi e non quelli della Commissione Europea. Noi
andiamo lì con il cappello in mano a giustificarci. La Troika non è una
novità nel nostro Paese, quando Berlusconi paventò un’uscita
dell’Italia dall’unione monetaria, gli arrivarono le lettere da
Bruxelles. Monti subentrò su ordine dell’Europa, di fatto mettendoci in
una condizione di colonia dei paesi del Nord Europa.
- Secondo lei il Governo continua a puntare su riforme economiche
che stimolano il lato dell’offerta e trascurano la domanda interna? Che
effetti avrà l’abrogazione dell’art.18 sotto l’aspetto economico, ed è
vero che farà ripartire l’economia?
Le riforme sono opzioni da perseguire, ma non in questo momento.
Sono necessarie quando si verificano cicli economici che permettono di
assorbirne i costi. Prendiamo la riforma del mercato del lavoro che sta
approvando il Governo, in questo momento avrebbe un effetto devastante
sul costo del lavoro. Questo progetto fa parte di un disegno più ampio,
che vuole che la competitività passi solo dalla svalutazione interna,
ovvero una svalutazione del costo del lavoro. E’ il passo finale, dopo che aziende estere si sono impossessate per un tozzo di pane delle industrie italiane. L’ipotesi
che si è fatta in questi giorni di limitare il diritto allo sciopero è
una “bestemmia” che viola anche un diritto garantito dalla Costituzione.
- E’ di questi giorni la notizia che la Mercedes ha comprato il 25%
di MV Agusta. La svendita dell’industria italiana prosegue. Quali
effetti ha questa politica di cessione delle partecipazioni italiane
nell’industria?
Abbiamo visto molte quote di mercato dell’economia italiane comprate
dai capitali cinesi, russi, americani e arabi, ai quali fanno gola i
marchi italiani considerati di estremo valore. Purtroppo le società italiane sono strette dalla morsa del credito e non hanno il supporto del mercato interno. Ci
siamo affidati a un modello economico che non tiene conto delle
esigenze dell’economia italiana. Siamo sicuri che sia estremamente
proficuo da un punto di vista contabile cedere partecipazioni di aziende
dello Stato, che hanno utili superiori rispetto al costo del debito che
si va ad abbattere? Solo un pazzo potrebbe fare quest’operazione.
- Gli stress test effettuati dalla BCE bocciano MPS e CARIGE. Lei
crede che le due banche siano state gestite in maniera inoculata e quale
scenario prevede per il sistema bancario italiano?
Sapevamo già da tempo che le due banche in questione erano oggetto di
critiche ed era prevedibile una bocciatura negli stress test. Lancio
una provocazione: se le 417 banche tedesche dei Land, fossero state
sotto i poteri ispettivi della Banca d’Italia, quante non avrebbero
passato gli stress test? Credo molte di queste, nonostante
abbiano sempre ricevuto dal governo tedesco grandissimi contributi.
Questa potrebbe essere l’occasione per il nostro Paese di tornare ad
avere una banca pubblica con il passaggio di Carige e Mps nelle mani
pubbliche, visto che ci siamo scioccamente privati di tutte le nostre
banche pubbliche.
- Die Welt prima e The Spectator poi scrivono che l’Italia non ha
più alcuna ragione di rimanere nella moneta unica. Ci avviciniamo alla
fine dell’euro?
I giornali stranieri hanno perfettamente ragione e sono d’accordo con
loro. Credo purtroppo che l’Italia non abbia la capacità e la forza
politica di prendere una decisione autonoma in questo passaggio. La gabbia nella quale siamo prigionieri credo sarà scardinata proprio dai francesi.
I francesi hanno annunciato che non rispetteranno il limite di deficit
del 3%. Questa decisione, potrebbe comportare un aumento del debito fino
al 100% sul PIL, e gli unici strumenti all’interno dell’euro per
ridurre i livelli di debito sono i tagli alla spesa pubblica e l’aumento
della pressione
fiscale . Saranno i francesi a far saltare l’unione monetaria, perché
non saranno più disposti a tollerare questa politica economica, e si
riprenderanno la sovranità monetaria così da poter gestire il debito
senza attuare le politiche di austerità . Noi ancora non abbiamo la
forza per farlo.
- Un precedente a cui spesso si ricorre per descrivere l’attuale
situazione è quello dello SME nel 1992, considerato il padre dell’Euro.
All’epoca uscimmo da quell’accordo di cambi fissi, sotto la gestione di
un governo tecnico presieduto da Amato, dopo che la finanza speculativa
internazionale comprò molti pezzi dell’IRI e delle partecipazioni
statali. Secondo lei andiamo incontro allo stesso epilogo di allora?
In quel caso venne fatta una difesa ad oltranza dello SME, che ci
costrinse a chiedere un prestito al Fondo Monetario Internazionale,
rimborsato con gli interessi, e prosciugò le riserve valutarie della
Banca d’Italia. Non a caso appena uscimmo da quel sistema la lira
svalutò del 22%, l’inflazione si attestò al 4% , e questo dato smentisce
anche i gufi che accostano una svalutazione della moneta all’
iperinflazione. La svalutazione diede un impulso incredibile al PIL
italiano e i livelli di occupazione crebbero enormemente. La
nostra economia iniziò a far paura e ci furono pressioni tedesche per
farci rientrare nello SME, ingabbiandoci di nuovo. Il problema
dell’uscita dall’euro sarà la gestione di un evento che non sarà
determinato dalla nostra volontà, e non vorrei che si
richiamassero Prodi o Amato a gestire questo passaggio, perché in quel
caso ci troveremmo in tasca direttamente il marco tedesco.
- Alla luce delle dichiarazioni di Fassina e Cuperlo, che hanno
espresso posizioni critiche nei confronti dell’euro, esiste secondo lei
la possibilità di costruire un fronte comune per la sovranità monetaria
che vada da destra a sinistra?
Chiunque ha la possibilità di trovare il sistema per raggiungere questo
obbiettivo e salvaguardare il bene comune, è benvenuto. Mi auguro
questa ipotesi, ma l’Italia è il paese dei guelfi e ghibellini. Credo
che sarà estremamente difficile attuare questo processo culturale. O si fa un fronte comune con un programma unitario con questo obiettivo o si fa il gioco del nemico.
Sono felice che Fassina abbia preso questa posizione, perché ha
dimostrato che nel PD ci sono ancora persone che fanno gli interessi del
Paese. La mia domanda è: ma il PD è ancora di sinistra?
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